Il termine "marine litter" indica qualsiasi materiale solido persistente, fabbricato o trasformato dall’uomo, abbandonato o disperso in ambiente marino-costiero, costituito da oggetti che finiscono direttamente in mare o che lo raggiungono – dopo essere stati dispersi sulla terraferma – attraverso i fiumi, il vento, le acque di dilavamento e gli scarichi urbani.
La permanenza dei rifiuti nell’ambiente marino dipende dal materiale e varia da pochi anni (filtri e mozziconi di sigaretta) a diverse centinaia di anni (bottiglie di plastica). Prima di degradarsi, i rifiuti interagiscono con organismi ed ecosistemi con conseguenze negative, riducono la qualità degli habitat marini e rappresentano un rischio anche per la salute umana.
La plastica rappresenta la stragrande maggioranza (circa 80%) dei rifiuti nel Mar Mediterraneo. Gli organismi marini ingeriscono rifiuti plastici o vi rimangono intrappolati con conseguenti rischi di tipo meccanico (mutilazioni, asfissia da intrappolamento…) e fisiologico (intossicazione, avvelenamento, alterazioni ormonali e dei cicli vitali…).
I relitti di vecchie navi costituiscono una delle principali fonti di inquinamento degli ecosistemi marini. Lungo le coste italiane sono presenti circa 8000 navi affondate, tra cui 360 della Seconda guerra mondiale, da cui, a seguito della progressiva corrosione dei materiali, fuoriescono sostanze chimiche pericolose. Incidenti e affondamenti che coinvolgono petroliere, piattaforme off-shore e altre navi che trasportano materiali inquinanti possono avere effetti devastanti sugli ecosistemi.
Se bonificati e in assenza di effetti tossici durevoli sull’ambiente, i relitti possono diventare hotspot di biodiversità, rappresentare un’opportunità per la conservazione e il ripopolamento di varie specie e fornire nicchie o tane ideali per diversi organismi. Possono inoltre scoraggiare attività umane potenzialmente dannose (ad esempio la pesca a strascico) e costituire un’attrattiva per il turismo subacqueo.
Le reti fantasma sono una delle componenti del cosiddetto "Ghost gear", che comprende genericamente le attrezzature da pesca abbandonate o smarrite dai pescatori o dagli impianti di acquacoltura.
Rappresentano una grande minaccia perché da un lato intrappolano gli organismi e soffocano gli ecosistemi marini e, dall’altro, frammentandosi in piccolissime particelle di plastica entrano nelle catene alimentari marine. Uccidono in modo indiscriminato milioni di pesci (circa il 5% della quantità di pesce commerciabile su scala globale) tartarughe, cetacei e uccelli.
La sostituzione delle fibre sintetiche, attualmente utilizzate in grande prevalenza per la loro produzione, con materiali tradizionali e biodegradabili – quali canapa, amido di mais o fibra di cocco – è sempre più frequentemente proposta come soluzione ecosostenibile.
Plastiche e microplastiche entrano nella «dieta» degli animali marini. Nel Mediterraneo, la morte per ingestione di rifiuti plastici è stata documentata per almeno 150 differenti organismi. L’ingestione di rifiuti è un fenomeno comune, accertato in più di 200 specie, con conseguenze non ancora del tutto note sulla loro salute e sulle catene alimentari attraverso le quali arrivano fino all’uomo. Le microplastiche, infatti, oltre a contenere additivi estremamente tossici, accumulano sulla loro superficie ulteriori inquinanti presenti nell’ambiente marino.
La presenza di plastiche ed altri rifiuti in mare è talmente diffusa che alcune specie hanno imparato ad utilizzarli come tane, nascondigli e substrato per la deposizione delle uova.
La fotografia "Il mare in agonia", di Giovanni de Salve, è stata scatta nella Zona portuale "Scale Nove" a Gallipoli (LE), nel 2022. Lo scatto racconta, secondo l’autore, "Il mare in agonia, a causa dell'azione distruttrice dell’uomo che ha portato ai cambiamenti climatici, con effetti ormai in parte irreversibili sull'ambiente".
Organizzata da: Università del Salento – MAUS – UCL
Concept: Piero Lionello, Michele Solca, Giorgia Alemanno, Christian Vaglio
Consulenza scientifica: Piero Lionello, Michele Solca, Giulia Furfaro
Fotografie di: Michele Solca Il disegno «Il ciclo dei rifiuti» è stato realizzato da Martina Stifani La fotografia «Il mare in agonia» e il pannello «Microplastiche» sono stati realizzati da Giovanni De Salve
Il materiale esposto è stato recuperato dai fondali dall’Associazione subacquea Paolo Pinto Gallipoli
Michele Solca
Fotografo naturalista subacqueo e appassionato di Biologia Marina, Michele Solca è subacqueo tecnico con grande esperienza in immersioni fotografiche e di ricerca nei mari di tutto il mondo. Collabora con riviste fotografiche e scientifiche. Ha esposto le proprie fotografie in mostre personali e collettive in collaborazione con musei ed enti privati. Più volte premiato in concorsi fotografici nazionali ed internazionali, è stato invitato a far parte della giuria in diverse manifestazioni. Divulgatore scientifico, ha partecipato a svariati progetti di disseminazione in ambito locale e nazionale, tra cui il libro fotografico Salento Blu (Belmonte & Solca, 2024, Ed. Grifo). Attualmente lavora presso il DiSTeBA dell'Università del Salento dove si occupa di fotografie, rilevamenti foto e video, campionamenti subacquei e comunicazione scientifica nell’ambito del National Biodiversity Future Center del PNRR.
Associazione subacquea "Paolo Pinto Gallipoli ODV"
L'associazione si occupa dal 2006 di tutela e salvaguardia ambientale e di Protezione Civile a mare con il Gruppo Sommozzatori. Protagonista fino ad oggi di numerose operazioni di riqualificazione dei fondali marini e dei litorali costieri, ha recuperato tonnellate di rifiuti: reti, imballaggi, funi d’acciaio, nasse, vetro, plastica, eternit, legno, pneumatici, batterie, scooter, televisori e cestelli di lavatrice; tutto è stato documentato da foto ed articoli. L'associazione, inoltre, svolge opere di sensibilizzazione dei giovani sulle tematiche ambientali e accompagna ragazzi diversamente abili offrendo loro una prima esperienza in acqua. Ha organizzato inoltre – con il coordinamento delle Forze dell'Ordine locali e della Guardia Costiera – simulazioni di soccorso in mare per addestrare il personale in caso di intervento in situazioni di emergenza.