Con la performance "Respect" è stata presentata questa mattina al pubblico l’opera "Ossolotomonto", che l’artista Uccio Biondiha donato all'Università del Salento. Concepita da Biondi secondo l’idea di un’arte partecipativa che ricalca il leitmotiv del suo discorso estetico abbinato a una funzione ideologica del fare arte, "Respect" ha visto la partecipazione di studenti dei corsi di laurea UniSalento in Storia dell'Arte, DAMS e Beni culturali, di docenti e personale dell'Ateneo, di studenti dell'Accademia di Belle Arti di Lecce e di numeroso pubblico, e ha accompagnato “Ossolotomonto” nella sua nuova dimora, nel Rettorato dell'Ateneo. Sono intervenuti anche il Rettore Fabio Pollice, il Direttore generale Donato De Benedetto e il professor Massimo Guastella, docente di Storia dell’arte contemporanea.
Eseguita nel 2003, "Ossolotomonto" è un simulacro femminile, un’installazione sotto forma di pittura, come l'artista salentino definisce la sua produzione plastica. Con la sua donazione, l'opera è entrata a far parte della "CdAC", la Collezione d’arte contemporanea dell’Ateneo salentino, di cui dal 1996 fanno parte anche due opere pittoriche di Biondi. A “scortare” l’opera, anche tre “guerriere”: maschere a calco, tratte dal vero, di volti femminili, di impronta teatrale, erme monocrome, senza corpo, che si innalzano su steli metallici.
Come spiegato dal professor Guastella, "Ossolotomonto" è una testimone delle "icone muliebri, cristallizzate, in un gesto, una postura" che tanto prendono prestito dalla mise en scène teatrale, come è proprio nelle corde dell’artista. Una modella femminile seduta - sul ready made della poltroncina da cinema, colorata verde -, eseguita su calco dal vero con bende ortopediche, interamente tinteggiata dalla monocromia del rosso, restituisce un effetto che tende a spersonalizzarla, per tuttavia innalzarla a rappresentazione metaforica dell’umanità contemporanea e segnatamente nelle tematiche del genere che da un ventennio identificano le pratiche artistiche di Biondi per una diversa visione della donna, soggetto protagonista della società. «Le donne di Biondi», ha suggerito Lucio Galante, «ci riportano al loro vero spazio psicologico, complesso e misterioso, e mai completamente svelato».
L'opera è stata esposta all'Università del Salento già nel 2014, nella Biblioteca interfacoltà nel complesso Studium 2000, in occasione della mostra personale dedicata a Biondi nell’ambito del progetto espositivo "Sull’arte contemporanea. Metodologia e ricerca nei luoghi dell’Università", ideato dalla professoressa Letizia Gaeta. È stata inoltre protagonista dell’immagine del “Festival dei linguaggi sonori”, nel 2010 a Grottaglie, e della copertina del volume "Le dimensioni della voce" a cura di Flavia Gervasi (Besa 2016).
"Ossolotomonto", così battezzata dall’artista per la peculiare impostazione espressiva della bocca, si inserisce nel tema – dominante per l'artista – della donna contemporanea che, come ha scritto Letizia Molfetta, «esorcizza le ansie e i timori della vita quotidiana; donne che se da un lato "gridano" la condizione umana, soprattutto la violenza e nello specifico quella subita quotidianamente, dall’altro cercano di recuperare il valore della memoria, il senso di una storia collettiva, di una dimensione temporale perduta».
«Portare quest'opera nel Rettorato mi rende oltremodo felice», ha detto Uccio Biondi, «assieme alla performance che, come sempre nelle mie personali, ho voluto avesse una funzione sociale, politica. Sono partito da un’idea iniziale, dalle “pietre d’inciampo”, e ho poi notato che nel chiostro ci sono delle vere e proprie "chianche d’inciampo". La performance è stata costruita intorno a queste: un tappeto di scrittura, di immagini, di segni, di ciò che si può realizzare intorno a un’idea, un tema chiamato "rispetto". È determinante che sia rivolto a tutti, donne e uomini, nel contesto della questione di genere che io tratto da vent’anni. È importante prestare attenzione a ciò che succede intorno a noi, dall’Iran ai femminicidi in Italia, e dare un contribuito. La mia, la nostra, è una testimonianza forte, da trasmettere agli altri».
Domenico Uccio Biondi (Ceglie Messapica, 1946) inizia l'attività artistica da autodidatta nel 1973, con una pittura di matrice realista sociale. Dal 1977 al 1980 frequenta l'Accademia di Belle Arti di Lecce. Dagli anni 80 si occupa di ricerca teatrale con la fondazione del collettivo del Teatro, e realizza incisioni e inchiostri legati alla produzione poetica di Pietro Gatti. Dal 1986 sviluppa un linguaggio visivo aniconico, di carattere autobiografico, influenzato dall’action painting americana e dall’informale europeo. Le Reincartazioni, degli anni 90, si arricchiscono di inserti polimaterici, segnici, grafici, scritturali e figurativi. Apre ai linguaggi della multimedialità, sulla scia di una costante attenzione all'arte del presente e, fra i due secoli, propone lo “zapping pittorico” in cui, accanto a gestualità informali, ricompaiono motivi figurativi.
Affascinato dai calchi ingessati di Segal, ammirati nella mostra dell’artista americano (Brindisi, 1999), approda alla scultura creando con bende gessate opere monocrome e fluorescenti, di derivazione neo-pop e concettuale. Biondi indaga le potenzialità di tutti i linguaggi comunicativi anche con performance teatrali e videoinstallazioni, creando le “Installazioni intermediali”, lavori in cui coniuga i video, gli oggetti plastici e le azioni performative. Fra queste, “Durch den Kamin”, realizzata per la mostra itinerante “Il treno della memoria” che, fra il 2006 e il 2007, fa tappa nelle stazioni ferroviarie pugliesi: il dramma delle deportazioni nei vagoni merci nel corso dell’ultimo conflitto mondiale è interpretato da Biondi attraverso l’interazione tra un video e tre forme plastiche.
Il dialogo fra cromie e figura femminile compare nella ritrattistica con il ciclo pittorico “Monne Terranee” (2006), dove protagonista è la donna e la sua solarità. Le "Installazioni sotto forma di scultura" assimilano la concezione contemporanea del superamento dei generi artistici tradizionali e si presentano come soluzioni plastico-pittoriche. Il colorismo acceso delle sue icone muliebri irrompe sulla loro staticità sottolineandone, al contempo, l’aspetto di effigi inanimate. In continuità, le “Altopitture “coniugano abilmente il dato cromatico con la terza dimensione: è il caso di "La Rivoluzione sono io.1", altopittura esposta nella sezione leccese del Padiglione Italia della 54° edizione della Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi (2011).
Nel 2014 presenta a UniSalento, nel complesso Studium 2000 a Lecce, "Non ti muovere: installazioni sotto forma di sculture", nell’ambito della rassegna "Sull’arte contemporanea. Metodologia e ricerca nei luoghi dell’Università". Della sua più recente attività espositiva si segnala la personale "Dietro le quinte. Dentro al colore" a cura di Paolo Valori, allestita nello scorso aprile-maggio 2022, nello spazio Micro di Roma.